>> Due Cristi a paragone
Articolo del giorno 14/04/2004 in Prima Pagina del CORRIERE ADRIATICO
Due Cristi a paragone
Due Cristi, uno miliardario e con effetti speciali, e uno povero, realizzato con poche lire, artigianalmente; due visioni della "passione" e della "parola del Vangelo". Stiamo parlando dell'ultimo Cristo di Mel Gibson e di quello del regista e scrittore e poeta Pier Paolo Pasolini che realizzò nel '64.
"Il vangelo secondo Matteo" di Pasolini 40 anni dopo è ancora di grande attualità e di sostanza dolente. Il riaccendersi continuo di interesse per Pasolini e la sua opera è - per dirla con Tullio di Mauro - un ribollimento della coscienza comune dinanzi a un caso che si sente culturalmente, socialmente, umanamente non archiviabile.
Sono d'accordo: Pasolini non è archiviabile. Anche la sua pellicola restaurata de "Il vangelo secondo Matteo", che viene presentata in concomitanza con quella di Mel Gibson, ne è una ulteriore testimonianza. Ma Pasolini sarà visto solo da alcune migliaia di cinefili, mentre "The passion" è stato preso d'assalto ai botteghini, una vera e propria "manìa", come la saga fantastica de "Il Signore degli Anelli" o la tragica fine dei protagonisti amorosi del "Titanic".
Non ho visto il film del regista americano e non lo andrò a vedere. E' l'unico modo questo - a mio avviso - per non entrare in merito all'argomento. Non mi schiero quindi per chi tifa per la passione vera o per chi ne denuncia l'eccessiva violenza. Ma forse credo di sbagliarmi quando dico che non ho visto "The passion": il lungo spot che la Tv italiana ha "regalato" al film me lo ha quasi "montato" in testa. Di questa "passione gibsoniana" si è discusso da tutti i punti di vista, da quello religioso a quello cinematografico; e poi si è detto della sua forza massmediatica o messianica, della tempistica cristologico/pasquale. Ma anche dell'effetto turistico americano in Lucania e anche del marketing-gadget, considerato l'investimento di una ditta italiana in America di kit comprendenti, lancia, corona di spina e croce in fac simile......
Eppure una cosa in comune i due film ce l' hanno veramente. E' la seduzione che entrambi i registi hanno avuto per quel Patrimonio Mondiale dell'Umanità che sono i Sassi di Matera. A colori quello di Gibson, in bianco e nero per la visione di quel grande ricercatore di verità e paradossi che era Pier Paolo Pasolini. Del "suo" Cristo il regista bolognese scriveva: "La mia idea è seguire punto per punto il Vangelo secondo Matteo, senza farne una sceneggiatura o riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un'aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o di raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all'altezza poetica del testo. E' quest'altezza poetica che così ansiosamente mi ispira. Ed è un'opera di poesia che io voglio fare. Non un'opera religiosa nel senso corrente del termine, né un'opera in qualche modo ideologica. In parole molto semplici e povere: io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente, almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cioè che in lui l'umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei comuni termini dell'umanità. Per questo dico 'poesia': strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo". (da "Le Belle Bandiere", editori Riuniti).
Non credo che ci siano altre possibilità, se non quella dello scenario lucano, di far paragoni fra i due film: ma forse mi sbaglio e ne sarei "appassionato".
MASSIMO PULIANI