>> Tagli alla cultura: disastro ecologico


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Sempre più spesso si sostiene che la produzione culturale debba essere ritenuta strategica ai fini dello sviluppo economico del Paese. In altri casi, si dice che la cultura è un po’ la carta d’identità dell’Italia.
Come non essere preoccupati quindi per i tagli al settore della cultura che in modo drastico, dallo Stato, agli Enti Locali colpirà il settore della produzione e della fruizione culturale nel 2006? L'emergenza è seria e va affrontata senza trasmettere l'impressione di difendere a tutti i costi i propri interessi di bottega o di botteghino. O di fare accuse di natura “partitica”, quando il problema è di natura “politica”, riguarda tanto il governo centrale che le amministrazioni locali.
Cominciamo con il ricordare che la cultura non è solo spettacolo. E lo spettacolo non è solo ciò che si “vede” a teatro! La Cultura è al tempo stesso “software” (traduciamolo con “merce” che nasce dal pensiero e tocca l’anima), e “hardware” (come i teatri da gestire, i musei, le biblioteche ecc.).
“Anche il liberista più incallito – osservava Salvatore Carruba, docente e assessore alla Cultura a Milano - riconosce che tutte queste attività non possono reggersi sul mercato, e che i ricavi non possono pareggiare i costi. Non può avvenire in Italia, non avviene nel resto del mondo... La cultura, insomma, va sostenuta non per quello che rende ma per quello che è”.
Tutti i Paesi investono sulla cultura (e assai più dell'Italia che è il Paese dove è concentrata la più alta percentuale nel mondo del patrimonio architettonico e artistico!).
Esiste senz’altro il problema della gestione, che non può non essere caratterizzata da elementi di managerialità, di riduzioni di spese superflue e ingiustificate. Sono proprie quelle spese che hanno dato il pretesto alle critiche alla cultura e ai tagli al FUS. Ma a questi detrattori, a questi politici, vorrei far presente che è difficile educare alla managerialità tagliando all'improvviso nel mese di dicembre 2005 i finanziamenti per il 2006, cioè a pochi mesi dall'inizio di attività che si organizzano spesso con anni di anticipo! Non c'è azienda che potrebbe reggere a un simile stile di gestione!
Due i soggetti a cui è rivolta l’attenzione:
- dentologicamente, agli operatori e ai responsabile culturali, i quali dovranno dimostrare (se non l’hanno fatto!) capacità e responsabilità manageriali per non essere subalterni al finanziamento pubblico; mobilitare le risorse provenienti da organismi ed aziende private; appassionare sempre di più i consumatori (ma saranno ancora tali considerata la crisi in cui ci troviamo?).
- eticamente, ai politici del governo nazionale e degli enti locali (Regione, Provincia, Comuni) che dovranno cambiare atteggiamento nei confronti della cultura, dimostrando che ci sono dei punti fermi (e non tagli indiscriminati) nel bilancio che andranno a redigere per il 2006; riducendo le spese superflue; investendo non solo sull’hardware, ma anche sul software, ecc.
Chiamiamoli pure provvedimenti per la salvaguardia dell’equilibrio “uomo/ ambiente” ovvero azioni tendenti a scongiurare un.... disastro ecologico nella cultura!


Massimo Puliani